Obbligo della dichiarazione nutrizionale sui prodotti alimentari preimballati in applicazione dal 13 dicembre 20016. Eccezioni.

Come è noto, dal 13 dicembre 2016 si applica nel nostro Paese l’art. 9, paragrafo 1, lett. l) del Regolamento (CE) 25 ottobre 2011, n. 1169, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, ai sensi del quale è obbligatoria l’indicazione relativa dichiarazione nutrizionale.
La dichiarazione nutrizionale obbligatoria reca le indicazioni seguenti:

  1. a) il valore energetico; e
  2. b) la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale.

Quando l’etichettatura di un alimento preimballato contiene la dichiarazione nutrizionale obbligatoria, vi possono essere ripetute le seguenti informazioni:

  1. a) il valore energetico; oppure
  2. b) il valore energetico accompagnato dalla quantità di grassi, acidi grassi saturi, zuccheri e sale.

Tale indicazione, obbligatoria per gli alimenti preimballati, fatte salve le esenzioni di cui subito si dirà, deve apparire direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta a esso apposta, mentre, come previsto dall’art. 44 del Regolamento n. 1169, ove gli alimenti siano offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza preimballaggio oppure siano imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta, essa non è obbligatoria, a meno che gli Stati membri adottino disposizioni nazionali che richiedono la fornitura, parziale o totale, di tale indicazione o di altre comunque non obbligatorie per gli alimenti non preimballati.
L’indicazione in etichetta della dichiarazione nutrizionale non è inoltre obbligatoria, ai sensi dell’art. 16 del Regolamento, per gli alimenti elencati all’allegato V del medesimo, fra i quali in particolare quelli riportati al n. 19 dell’elenco, ossia gli alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale.
Va subito detto che, già prima del Regolamento n. 1169, i Regolamenti 852/2004/CE, sull’igiene dei prodotti alimentari, ed 853/2004/CE, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, avevano introdotto una deroga all’applicazione dei rispettivi Regolamenti analoga a quella riportata al punto 19 dell’allegato V del Regolamento (UE) n. 1169.
In sostanza, pur non coincidendo perfettamente la formulazione dei due Regolamenti, quello che ne risultava era che gli stessi non si applicano “alla fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali [o ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio o di somministrazione a livello locale] che forniscono direttamente il consumatore finale”.
Pertanto, i Ministeri dello Sviluppo Economico e della Salute, con circolare n. 361078, del 16 novembre 2016, hanno ritenuto di far fronte all’esigenza di interpretare il punto 19 dell’elenco all’allegato V del Regolamento n. 1169 mediante riferimento alle Linee Guida  applicative dei Regolamenti nn. 852 ed 853, le quali chiariscono il contenuto delle summenzionate deroghe.
Dunque, ad avviso dei due Ministeri, la disposizione si applicherà secondo le seguenti indicazioni e definizioni:
Alimenti artigianali. Il riferimento agli alimenti artigianali emerge chiaramente nella versione originaria del Regolamento, che dispone “Food, including handcrafted food, laddove la traduzione italiana, pur essendo stata resa con riferimento al solo confezionamento di natura artigianale (anche confezionati in maniera artigianale) non cambia la sostanza.
 
Fornitura diretta. La cessione degli alimenti, senza l’intervento di intermediari, da parte del “fabbricante di piccole quantità di prodotti”, direttamente al consumatore o alle “strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale”, che ricomprendono, come chiarito nelle Linee guida al regolamento 853/2004/CE, tutte le forme di somministrazione di alimenti. Restano esclusi dalla deroga, pertanto, i prodotti preimballati venduti ad imprese che esercitano vendita all’ingrosso o che svolgono attività di intermediazione commerciale, quali ad esempio le centrali di acquisto.
 
Fabbricante di piccole quantità di prodotti. Rientrano in tale definizione i produttori ed i fornitori, comprese le imprese artigiane ed agricole, che rispettino i requisiti delle microimprese così come definite all’articolo 2 della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (è microimpresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR). La deroga del punto 19 dell’allegato V si applica, inoltre, agli alimenti oggetto di vendita diretta ai consumatori a “livello locale” da parte degli spacci aziendali.
 
Livello locale delle strutture di vendita. Analogamente a quanto chiarito nelle Linee guida al Regolamento 853/2004/CE, il concetto di “livello locale”, come previsto dal considerando 11 del medesimo Regolamento, deve essere definito in modo tale da garantire la presenza di un legame diretto tra l’Azienda di origine e il consumatore. E’ pertanto esclusa una fornitura che preveda il trasporto sulle lunghe distanze e quindi in “ambito nazionale”. Il “livello locale” può essere identificato, in analogia alle predette Linee guida, “nel territorio della Provincia in cui insiste l’azienda e nel territorio delle Province contermini, ciò al fine di non penalizzare le aziende che si dovessero trovare al confine di una unità territoriale e che sarebbero quindi naturalmente portate a vendere i propri prodotti anche nel territorio amministrativo confinante”.
Vendita al dettaglio. La definizione di “vendita al dettaglio” può essere rinviata a quella contenuta all’art. 4 del Decreto legislativo n. 114/1998: “per commercio al dettaglio, l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale”. Tale definizione va integrata con la definizione di “collettività” di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d) del regolamento (UE) n. 1169/2011. Detta norma definisce tale “qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale”.
Fatte salve le predette esenzioni e quelle relative ai prodotti di cui agli altri 18 punti dell’allegato V, tutti i prodotti preimballati dal 13 dicembre prossimo dovranno dunque riportare in etichetta le indicazioni relative al valore energetico, alla quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale.