Comunicazioni urgenti in materia di commercio di sigarette elettroniche

Sulla vicenda delle “sigarette elettroniche” riferiamo due importanti notizie. La prima riguarda una recente Ordinanza del Consiglio di Stato, che comporta la revoca di quelle misure cautelari emesse dal giudice amministrativo che avevano di fatto sospeso il regime dell’imposta di consumo 2014, certamente per le aziende ricorrenti, ma, secondo una lettura estensiva – tutta ovviamente da verificare in sede giurisdizionale – erga omnes.

    La seconda è riferita alla pubblicazione sul sito dell’AAMS di una circolare esplicativa, che ovviamente risente della prima vicenda.

 

  1. Il Consiglio di Stato, con Ordinanza depositata il 12 gennaio scorso, ha revocato, su richiesta della difesa erariale, la misura cautelare disposta in primo grado subordinatamente alla prestazione di una garanzia fideiussoria, che di fatto aveva sospeso l’applicazione dell’imposta di consumo istituita dall’art. 62-quater del D. Lgs. n. 504/95 (inserito dall’art. 11, comma 22, del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99), a far data dal 1° gennaio 2014, per “i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo”.

    Come si ricorderà, il TAR Lazio, con Ordinanza cautelare, aveva sospeso, su ricorso proposto da una serie di aziende produttrici, l’applicazione del D.M. 16.11.2013, delle “Risposte ai quesiti più frequenti” (c.d. FAQ) adottate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e rese note mediante pubblicazione sul sito ufficiale dell’Agenzia delle Dogane, nonché di ogni altro atto preparatorio, presupposto, connesso e consequenziale, fino alla decisione da parte della Corte Costituzionale, cui era stata rimessa la questione di legittimità delle norme di cui si tratta.

    Successivamente, con Ordinanza del 29 aprile 2014, il Consiglio di Stato aveva confermato l’Ordinanza del TAR, ma, “stante la presumibile non immediatezza della definizione nel merito della controversia”, aveva ritenuto di dover subordinare la sospensione dei provvedimenti del Ministero dell’economia e dell’AAMS alla prestazione, da parte delle parti che avevano proposto ricorso, di un’adeguata garanzia a tutela delle ragioni di danno della difesa erariale, da fornirsi mediante fideiussione bancaria.

 

    A fronte della documentata omessa prestazione della garanzia, il Consiglio di Stato, con l’Ordinanza depositata il 12 gennaio scorso, ha considerato la misura cautelare concessa come automaticamente decaduta; anzi, ha ritenuto che gli effetti della medesima misura non abbiano (retroattivamente) mai assunto efficacia.

    Sulla base di tutto ciò, le aziende appellanti sono state richieste di comunicare all’amministrazione dei Monopoli i dati relativi alle vendite del 2014, cui commisurare l’imposta.

    Alcune aziende sono state già fatte oggetto della richiesta di pagamento dell’imposta di consumo in relazione ai quantitativi di prodotti immessi in commercio nel 2014, con l’indicazione che in caso di ritardato pagamento delle somme richieste si applicherà l’indennità di mora, oltre agli interessi dovuti in misura pari al tasso stabilito per il pagamento differito di diritti doganali.

    Dobbiamo anche segnalare che, con provvedimento n. 402, del 13 febbraio scorso, l’AAMS, visti l’art. 3, comma 1, e l’art. 2, comma 6, del DM 16 novembre 2013, i quali stabiliscono, rispettivamente, che: il soggetto autorizzato alla istituzione del deposito ai sensi dello stesso decreto è tenuto a prestare all’Agenzia una cauzione nei modi di cui all’art. 1 della legge n. 348/82; costituisce causa di decadenza dell’autorizzazione la mancata prestazione della cauzione entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda di autorizzazione; non avendo determinati soggetti provveduto a prestare la cauzione prescritta, li ha considerati decaduti dall’autorizzazione

alla istituzione e gestione di depositi di prodotti succedanei del tabacco.

    Alcune società, in riscontro alla comunicazione di avvio del procedimento di decadenza dell’autorizzazione, avevano presentato controdeduzioni, eccependo sostanzialmente la non applicabilità della normativa di decadenza, atteso che la stessa sarebbe da ritenersi sospesa per effetto delle misure cautelari pronunciate dal giudice amministrativo. L’Amministrazione ha controbattuto a dette controdeduzioni affermando che le misure cautelari sarebbero eseguibili esclusivamente ai soggetti ricorrenti, come comunicato formalmente dall’Avvocatura generale dello Stato con nota del 9 maggio 2014.

    Peraltro, allo stato attuale, vista la revoca delle misure cautelari, non vi sono più eccezioni all’obbligo di prestare la cauzione, che deve essere versata anche dalle società che avevano ottenuto la sospensione cautelare ora revocata.

 

  1. La circolare dell’AAMS n. 31986, del 18.3.2015, relativa anzitutto all’applicazione, a far data dal 1° gennaio 2015, del nuovo regime impositivo, disposto dal D. Lgs. 15.12.2014, n. 188, contiene alcune indicazioni anche per i prodotti soggetti al passato regime.

    Ai sensi del comma 1-bis dell’art. 62-quater del D. Lgs. n. 504/95, infatti, a partire dall’1.1.2015, data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, “cessa di avere applicazione l’imposta prevista dal comma 1, le cui disposizioni continuano ad avere applicazione esclusivamente per la disciplina delle obbligazioni sorte in vigenza del regime di imposizione previsto dal medesimo comma”.

    L’imposta di consumo di cui al comma 1 (quella applicabile nella misura del 58,5% del prezzo di vendita sui prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché sui dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo) opera, quindi, per le immissioni in consumo avvenute sino al 31.12.2014.

    L’Amministrazione, con la circolare, afferma che l’immissione in consumo di detti prodotti senza il pagamento del tributo è soggetta alla sanzione prevista dall’articolo 61, comma 4, del T.U.A.[1], oltre al pagamento di interessi ed accessori.

    In particolare, per l’Amministrazione, “i liquidi che i negozianti al minuto hanno acquistato nel corso dell’anno 2014 da depositi autorizzati possono essere liberamente ceduti, in quanto gli stessi sono soggetti al tributo in base al comma 1 dell’articolo 62-quater, nel momento dell’immissione in consumo (cessione dal deposito autorizzato al commerciante)”.

    Qualora, però, presso esercizi al minuto o all’ingrosso siano rinvenuti prodotti che non risultino acquistati da depositi autorizzati e non sia possibile accertare documentalmente il soggetto cedente, il prodotto detenuto è soggetto all’imposta di consumo di cui all’articolo 62-quater, comma 1, e troveranno applicazione le sanzioni di cui ai già citati articoli 50[2] e 61, comma 4, del T.U.A., oltre al pagamento di interessi ed accessori.

    La dichiarazione di esistenza di eventuali “scorte 2014”, dunque, ad avviso dell’AAMS, non consente la cessione di tali prodotti senza applicazione dell’imposta; anzi, il soggetto che li pone in commercio è tenuto a fornire la prova di avere acquistato i prodotti da un deposito autorizzato (che dovrà poi dimostrare a sua volta di aver applicato il tributo previsto dall’articolo 62-quater, comma 1).

 

    Per i prodotti acquistati nel 2015 trovano applicazione le norme stabilite nel D.M. 29 dicembre 2014, le quali impongono l’obbligo di approvvigionamento dei rivenditori presso soggetti autorizz
ati. L’acquisto/cessione di prodotti al di fuori dei canali consentiti comporta l’applicazione delle già richiamate sanzioni di cui all’art. 50 e 61, comma 4, del T.U.A., oltre al pagamento di interessi ed accessori.

 

    Al fine di monitorare la circolazione dei prodotti, l’Amministrazione ha intrapreso le opportune iniziative in materia di controlli e promosso le necessarie intese con la Guardia di Finanza, anche finalizzate a conoscere la provenienza dei liquidi. Sono altresì in corso gli accertamenti sui prodotti offerti via internet.



[1] Per le violazioni all’obbligo del pagamento dell’imposta si applicano le sanzioni stabilite dagli articoli 40 e 44. Se la quantità sottratta al pagamento dell’imposta è inferiore a 100 chilogrammi, si applica la sanzione amministrativa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, non inferiore in ogni caso a 516 euro. Si applicano le penalità previste dagli articoli da 45 a 51 per le fattispecie di violazioni riferibili anche ai prodotti del presente titolo III; in particolare la sanzione prevista al comma 4 dell’art. 50, si applica in caso di revoca della licenza ai sensi del comma 3. Per la tardiva presentazione della dichiarazione di cui al comma 1, lettera e), e per ogni altra violazione delle disposizioni del presente Art. e delle modalità di applicazione, si applica la sanzione amministrativa da 258 euro a 1549 euro.

[2] sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 500 euro a 3.000 euro applicabile a chiunque esercita le attività senza la prescritta licenza fiscale.