Senza impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro

IL PERCHÉ DELL’INIZIATIVA – Le imprese, in attesa da troppo tempo di una ripresa che sembra non arrivare mai, chiedono azioni concrete e non più confronti astratti sui problemi in piedi e senza apparente soluzione. La crisi, la crescita allarmante della disoccupazione e una pressione fiscale, locale e nazionale, che anche nel 2014 rimarrà a livelli intollerabili, rischiano di prolungare i loro effetti sulle imprese, già stremate da forti difficoltà, e provocare un ulteriore impoverimento delle famiglie.

La manifestazione «Senza impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro», che vedrà giungere a Roma da ogni parte d’Italia migliaia di imprenditori di Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, vuole esprimere il profondo disagio per le condizioni di pesante incertezza in cui le imprese sono costrette ad operare ed anche avanzare concrete proposte di rapida attuazione, che possano evitare il declino economico e ripristinare un clima più positivo e di maggior fiducia nel futuro.

Verranno presentate alla politica richieste per uscire dalla crisi, ma anche la forza di mobilitazione del territorio e delle imprese, che sono gli unici soggetti produttivi in grado di  garantire occupazione e stabilità.

Il mondo dell’impresa diffusa, dell’artigianato e del terziario di mercato rappresenta infatti il tessuto produttivo più esteso dell’Italia.

Dal futuro di questo sistema di imprese dipende il futuro del Paese.

 

 

 

IL PESO DEI NOSTRI MONDI

Le Micro, Piccole e Medie Imprese (MPMI) in Italia costituiscono la forza trainante del sistema produttivo

L’Italia differisce infatti dagli altri Paesi europei perché dispone di un sistema di MPMI oggettivamente più diffuso, più solido, a volte anche più competitivo e, in una parola, migliore. Questo tessuto imprenditoriale diffuso rappresenta una risorsa preziosa, sia per il contributo occupazionale e sociale che è in grado di offrire che per le performance economiche che lo contraddistinguono.

 

IL CONTESTO DEL DISAGIO

Nel nostro Paese è di eccezionale gravità la contrazione dei livelli produttivi registrata nell’ultimo quinquennio in tutti gli ambiti d’attività economica

 

– In Italia il valore aggiunto fra la metà del 2007 e fine del 2013 si è ridotto di circa 9 punti (oltre 10 ragionando in termini pro-capite) e torneremo ai livelli pre-crisi non prima del 2020, se si realizzeranno tassi di crescita intorno all’1%. 

– Il 2014 non sarà l’anno di svolta per l’economia italiana: secondo le nostre previsioni, il Pil crescerà dello 0,3%, o forse poco più, mentre i consumi caleranno ancora dello 0,2%.

 

 

L’ambiente operativo penalizza le imprese e le rende estremamente vulnerabili

Nella classifica della Banca Mondiale sulla facilità di fare impresa l’Italia si attesta al 25esimo posto tra i 28 Paesi che nel 2013 componevano l’Unione europea;

per i soli adempimenti fiscali, continuano ad essere necessari (sempre secondo la BM) anche nel 2013, 269 ore l’anno (34 giornate lavorative). Si tratta di oltre 100 ore in più (13 giornate) rispetto alla media dei Paesi dell’Area Euro, 83 ore in più (10 giornate) rispetto alla media dei Paesi OCSE;

il livello d’imposizione fiscale sui profitti d’impresa raggiunge nel 2013 il 65,8% (BM), oltre 20 punti al di sopra della media europea; quello sulle MPMI supera il 64%, secondo nostre stime.

–  Solo nei primi 9 mesi del 2013, si è registrata la chiusura di 277.000 attività e delle nuove imprese, nate nel 2009, a distanza di 4 anni ha cessato l’attività il 40%.

 

 

PROPOSTE

Occorre riformare gli assetti istituzionali e garantire la governabilità

Approvare la riforma fiscale: dall’oppressione allo sviluppo

Uscire dall’emergenza occupazionale

Dare credito alle imprese

Proseguire nell’azione di semplificazione

Tornare alla legalità

Dire basta alla deregulation

Avere una nuova legge sugli orari del commercio